Giovanni Domenico Tiepolo

(Venice, 1727 - Venice, 1804)

Head of an Old Man with an Oriental Hat

penna, pennello e inchiostro bruno su tracce di matita, su carta bianca
231 x 168 mm (90.94 x 66.14 inches)

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Giovanni Domenico Tiepolo

(Venice, 1727 - Venice, 1804)

Testa di Vecchio con Copricapo Orientale

penna, pennello e inchiostro bruno su tracce di matita, su carta bianca
231 x 168 mm (90.94 x 66.14 inches)

Rif: 0235

Provenienza: Collezione Antonio Morassi

Un vecchio, col capo coperto da un berretto con piuma, rivolge lo sguardo assorto verso sinistra. Spicca, nel volto solcato di rughe, l’intensità degli occhi, incavati, eppure vispi e taglienti. Appare chiaro, pur nell’indefinitezza di un ritratto di fantasia, che si tratti in ogni caso del volto di un sapiente, probabilmente un filosofo non meglio specificato.

Era stato Rembrandt, alla metà del Seicento, in alcuni straordinari dipinti – si possono ricordare fra gli altri la tavola con l’Uomo in costume orientale del Rijksmuseum di Amsterdam, il Ritratto di un rabbino di Windsor e il Ritratto di vecchio ebreo, conservato nelle collezioni dell’Ermitage – e in numerose ed altrettanto fortunate incisioni, a fissare i caratteri di questo genere di opere[i]. Si trattava di immagini poetiche ed allusive, che richiamavano precedenti giorgioneschi e lasciavano volutamente irrisolto il problema dell’individuazione dei soggetti ritratti. A catturare l’attenzione dell’osservatore non doveva essere il rimando storico, bensì il senso di profonda empatia con gli stenti, ma anche con la nobiltà, della vecchiaia. Il fatto che i venerabili fossero presentati con attributi che ne sancivano una provenienza orientale rendeva le loro figure ancora più ammalianti ed enigmatiche, portatrici di una sapienza per noi oscura e dunque ‘filosofi’ per antonomasia. In Italia, in conseguenza soprattutto della diffusione delle incisioni, furono molti i pittori affascinati da questi ritratti di fantasia e che quindi aderirono a quello che si andava configurando come un sottogenere della cosiddetta ‘testa di carattere’. Fra questi maestri – e come vedremo si tratta di un riferimento oltremodo importante per il disegno esposto – il più fedele interprete dei prototipi di Rembrandt risulta essere certamente il pittore e disegnatore genovese Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto (1609-1664), vero e proprio trait d’union tra i modelli nordici e il gusto italiano, per la sua capacità di tradurre in senso pittoresco e musicale la sintesi dei passaggi luminosi impressi sulle carte da Rembrandt e dai suoi allievi diretti[ii].

Il disegno qui presentato appartiene a una fase successiva di un secolo e fa parte di un cospicuo gruppo di opere (dipinti, disegni, incisioni), ormai assegnate unanimemente a Giandomenico Tiepolo. I Ritratti di filosofi, attribuiti in passato alla mano di Giovan Battista, sono stati in seguito oggetto di studio, fra gli altri interventi, di George Knox[iii] e Christina Frerichs[iv], che hanno restituito loro la giusta paternità. In realtà Knox postula l’esistenza di un nucleo originario di dipinti di Giambattista Tiepolo, tradotti in incisioni dal figlio Giandomenico a partire dal 1757[v]. Questi prototipi del caposcuola, talvolta individuati con pertinenza dallo stesso Knox, sarebbero stati dunque all’origine di una larga produzione da parte di Giandomenico, desideroso di inserirsi nel mercato veneziano dopo i fasti di Würzburg e l’avvio dell’attività in proprio. Il successo dell’iniziativa del pittore, giunto ormai alla maturità dei trent’anni, è valutabile bene da una lettera di Anton Maria Zanetti il Vecchio a Pierre-Jean Mariette, datata appunto 1757[vi]: “Dieci, o syne undeci, delle adietro scritte Teste non sono che uscite dall’acquaforte, et non ancor vedute, se non da voi, da me, et dalla famiglia Tiepolo. Vi confesso il vero, che a mio certo intendere, ve ne sono alcune, quali, se potesse uscire dal sepolcro il Remb[randt] et. Gio. Benedetto Castiglione, baccierebbero chi li ha fatte”. Il riferimento a Rembrandt e al Grechetto era tanto più significativo in quanto proveniva da Zanetti, ovvero il maggiore collezionista, nell’Europa settecentesca, di acqueforti del maestro olandese. E Castiglione da parte sua era all’epoca l’incisore italiano di gran lunga più apprezzato a Venezia, al punto che le sue invenzioni venivano tradotte in nuovi stati da artisti del calibro di Gaetano Zompini[vii] (la serie di dodici Capricci su richiesta dello stesso Zanetti) e Alessandro Longhi[viii]. Del resto Giandomenico con la grammatica dei suoi disegni di Teste, sembra voler emulare, nella rapidità e al medesimo tempo nell’inflessione dei passaggi chiaroscurali, il timbro accostante dei fogli del Grechetto, senza rinunciare beninteso alla profondità solenne degli scuri di Rembrandt[ix].

Il disegno esposto pare voler prendere le mosse proprio da uno dei più famosi Piccoli ritratti di Castiglione: l’incisione con l’Uomo con turbante, barba lunga e pennacchio[x]. Tiepolo usa un tratteggio nervoso e vibrante per fingere gli effetti della tecnica incisoria e donare al volto un carattere di commozione. Tuttavia Giandomenico si discosta consapevolmente dall’umore manierato del suo modello. I segni neri che nel suo disegno delimitano l’ovale del volto, donano al soggetto un carattere più vivido. La luce che muove senza accelerazioni improvvise a disvelare il profilo della figura incisa dal Grechetto cede il passo nel foglio di Giandomenico a trapassi chiaroscurali molto più vigorosi e ad una luminosità che diventa impulsiva e fulminea. Semplificando si può dire che il crinale tra l’incisione di Castiglione e il disegno di Giandomenico sia l’esperienza figurativa, imprescindibile per la pittura del Settecento in tutta Europa, dell’opera di Giovan Battista Tiepolo. Del resto era stato Adriano Mariuz[xi], nell’incipit della monografia da lui dedicata a Giandomenico, ad inserire tutta la carriera dell’artista tra i due poli contrapposti della pittura del padre e del Neoclassicismo. In questo bellissimo disegno, realizzato in seguito a quel formidabile tirocinio che fu il soggiorno di Würzburg, la riflessione sull’eredità degli antichi non può in alcun modo prescindere dalla venerazione della maniera paterna.

Tra i dipinti di Giandomenico con Teste di filosofi resi noti da Knox e dagli studi successivi, non è possibile individuare nessuna tela per cui il disegno esposto può essere considerato preparatorio. Numerosi rimandi tuttavia implicano possa trattarsi di una prima idea per il dipinto oggi conservato all’Art Institute di Chicago (in seguito replicato dalla tela oggi a Palazzo Thiene nelle collezioni della Banca Popolare di Vicenza).



[i] A. Bredius, Rembrandt: the complete edition of the paintings, Londra 1969, pp. *****

[ii] P. Bellini, in L’opera incisa di Giovanni Benedetto Castiglione, a cura dello stesso, Milano 1982, pp. 106-141.

[iii] G. Knox, Raccolta di teste: Domenico Tiepolo 1770-1970, Milano 1970.

[iv] L. C. Frerichs, Mariette et les eaux-fortes des Tiepolo, in “Gazette des beaux-arts”, 78, 1971, pp. 233-252.

[v] G. Knox, "Philosopher portraits" by Giambattista, Domenico and Lorenzo Tiepolo, in “The Burlington Magazine”, 117, 1975, pp. 147-155 (p. 148).

[vi] C. Gauna, I Rembrandt di Anton Maria Zanetti e le "edizioni" di stampe a Venezia, in “Saggi e memorie di storia dell’arte”, 36, 2012, pp. 189-234 (p. 208)

[vii] M. D. Santifaller, Un problema Zanetti-Zompini in margine alle ricerche tiepolesche, in “Arte veneta”, 27, 1973, pp. 189-200.

[viii] P. Delorenzi, Novità per la grafica di Alessandro Longhi, in Aldèbaran: storia dell’arte, a cura di S. Marinelli, Verona 2012, pp. 193-204 (pp. 198-202).

[ix] A. Úbeda de los Cobos, El artista en la Corte. Giandomenico Tiepolo y sus retratos de fantasía, catalogo della mostra, Bilbao 2014, pp. 78-81.

[x] G. Dillon, in Il genio di Giovanni Benedetto Castiglione, il Grechetto, catalogo della mostra, Genova 1990, pp. ****

[xi] A. Mariuz, Giandomenico Tiepolo, Venezia 1971, pp. 7-8.

Per maggiori referenze: Collezione Antonio Morassi

Note:

Firmato: Tiepolo Vechio