Carlo Preda

(Milan, 1651/52 - Milan, 1729)

Study for a S. cecile

Sanguigna su carta
239 x 316 mm (94.09 x 124.41 inches)

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Carlo Preda

(Milan, 1651/52 - Milan, 1729)

Studio per una Santa cecilia

Sanguigna su carta
239 x 316 mm (94.09 x 124.41 inches)

Rif: 0171

Provenienza: Collezione privata, Milano

Prezzo: € 1.600,00 - circa US $ 1.744,00

Descrizione:

Una santa martire, in età ancora fanciullesca, è descritta nel momento del supplizio; lo studio si limita a tratteggiare il capo reclinato a terra, mentre un rivolo di sangue le scorre sotto l'orecchio. La figura è a mio avviso riconoscibile in quella di santa Cecilia, sia per la posa della testa, sia per la ferita mortale che le è stata appena inferta. Narra la leggenda infatti che Cecilia fosse stata condannata a morte attraverso decapitazione, ma che al terzo colpo sferrato dal carnefice (tre erano i colpi previsti per contratto con il giustiziere) il collo le fosse rimasto ancora attaccato alle spalle e che quindi la giovane sia stata lasciata morire dissanguata. Questa tradizione inoltre era stata corroborata nel 1599 dal ritrovamento in un sarcofago, nel corso dei lavori di ripristino della basilica a lei dedicata a Trastevere, del suo corpo, miracolosamente conservato ancora in ottimo stato. Il cardinal Paolo Emilio Sfrondati, che sovrintendeva ai lavori, commissionò a Stefano Maderno la celebre scultura, conservata sotto l'altar maggiore e il ciborio, in cui l'artista ritrasse la santa nella stessa posizione, quasi fosse addormentata, in cui era stata ritrovata. La posa della testa, girata appena verso destra e adagiata su un guanciale divenne canonica nell'iconografia ceciliana. Il culto di santa Cecilia, legato al suo patronato sulla musica, era stato a lungo sostenuto dai Borromeo, soprattutto dal cardinal Federico, che era patrocinatore ed amico di musicisti nonchè autore di importanti testi di teoria. Non stupisce dunque la frequenza con cui i pittori milanesi della prima metà del Seicento si siano dedicati alla raffigurazione della santa. Con questo foglio, fermo restando l'ambito geografico di provenienza, siamo in una fase posteriore, già all'inizio del Settecento. L'autore può essere riconosciuto in Carlo Preda, maestro attivo nell'ultimo quarto del Seicento e poi soprattutto nel secolo successivo . Preda, nato come attestano i documenti negli ultimi mesi del 1651 o all'inizio del 1652 , si forma a Milano presso lo zio materno Federico Bianchi. L'apertura culturale di quest'ultimo, sempre vigile a quelli che erano gli sviluppi della pittura romana, lo portarono a confrontarsi non solo con i testi divenuti canonici della tradizione lombarda, dai maestri del Cinquecento fino a Francesco Cairo, ma anche con altre realtà italiane. In particolare Preda, oltre a proseguire l'indagine su Maratta, già inaugurata a Milano dallo zio e da Filippo Abbiati, si accosta alla pittura genovese a lui contemporanea. Sono evidenti le tangenze con la struttura mossa dello stile di Gregorio De Ferrari, come anche con il barocchetto più temperato di Bartolomeo Guidobono. Proprio a Guidobono, attivo in quegli anni a Torino, Preda pare guardare nel primo decennio dal Settecento, a partire dal Martirio di san Pietro della parrocchiale di Broni (1702) fino alla Madonna del Suffragio della chiesa dei Santi Fermo e Rustico a Caravaggio (1709) . In questa fase si collocano anche le due tele con Storie di santa Caterina d'Alessandria della Pinacoteca del Castello Sforzesco, delle quali sono noti anche i bozzetti preparatori, nonchè l'Assunzione di Sant'Agnese a Lodi le più piccole Allegorie della pittura e della scultura oggi nelle collezioni della ASL di Merate: appare evidente come Preda in queste opere replichi sempre la stessa fisionomia di ragazza che ritroviamo anche nel nostro foglio. La bocca aperta e l'espressione di dolore non diminuiscono la grazia del profilo, che tende a presentarsi come una risposta lombarda alla leggerezza delle protagoniste delle favole d'Arcadia nella pittura di Giuseppe Chiari o dell'ultimo Maratta a Roma. Ciò non toglie che la sintassi di Preda dimostri ancora una qualità tutta secentesca e che il pensiero dell'autore, in questo gradevole studio, sia andato sicuramente alla figura di santa Rufina del Quadro delle tre mani, ormai, ad ottant'anni di distanza, divenuto un testo classico nel tirocinio di qualsiasi artista milanese.

Per maggiori referenze: Collezione privata, Milano