Gaetano Zompini

(Nervesa, 1700 - Venice, 1778)

Testament of Moses

Penna, inchiostro scuro, matita nera e acquerello con rialzi in biacca su carta bianca
420 x 367 mm (165.35 x 144.49 inches)

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Gaetano Zompini

(Nervesa, 1700 - Venice, 1778)

Il testamento di Mose'

Penna, inchiostro scuro, matita nera e acquerello con rialzi in biacca su carta bianca
420 x 367 mm (165.35 x 144.49 inches)

Rif: 0168

Provenienza: Collezione privata, Firenze

Prezzo: € 1.800,00 - circa US $ 1.962,00

Descrizione:

All’ombra di un albero fiorito, in fondo una scala che conduce in una fortezza, Mosè, giunto ormai in prossimità della morte, si congeda dal popolo d’Israele per permettere ai suoi accoliti di entrare nella terra promessa. Questa era a lui preclusa a causa della maledizione comminata da Dio a lui e al fratello Aronne per aver dubitato in occasione della siccità di Kades. Mosè dunque, sostenendosi sulla verga di Aronne, indica verso l’alto quello che sarà il suo ultimo viaggio, dalle steppe di Moab verso il monte Nebo, mentre Giosuè fanciullo a destra, anche lui dotato di bastone da guida, indica a sua volta la strada alla sua gente verso la terra di Canaan. È significativo che a guidare Sefora ed Elisabetta siano Eleazaro e Giosuè, raffigurati come fanciulli perché liberi dal peccato che aveva condotto il popolo d’Israele alla traversata di espiazione nel deserto.

Il foglio, preparatorio con ogni evidenza per un quadro da stanza d’impianto dottrinale, può essere ricondotto alla mano del pittore ed incisore settecentesco Gaetano Zompini. Questi, già allievo di Niccolò Bambini a Venezia, passò poi alla bottega di Sebastiano Ricci, cercando di modulare la sintassi del maestro ad un’inflessione più discorsiva, aggiornata peraltro sulla retorica edificante di Dizianii.

Nella sua carriera, segnata da un’alterna fortuna (morì povero, isolato e sostanzialmente estraneo al suo tempo nel 1778), momento centrale risulta la pubblicazione nel 1753 de Le arti che vanno per via nella città di Venezia, una raccolta di quaranta incisioni di sua mano che illustravano i mestieri più umili, sulla falsariga di quelle realizzate un secolo prima a Bologna su disegni di Annibale Carracciii. La sua vena narrativa, lontana da qualsiasi intento di scherno nei confronti dei ceti popolari, sorprende ancor oggi per l’arguzia e permea, seppur in modo meno marcato, anche i suoi esiti pittorici dei decenni precedenti. Fra questi più che alle commissioni religiose, come gli affreschi per i pennacchi e il soffitto della chiesa di San Nicola da Tolentino a Venezia ancora informati di un’indole tardosecentesca, per valutare il suo stile dovremmo guardare soprattutto alle decorazioni di palazzi privati, come le tempere con Episodi biblici di Palazzo Sturm a Bassanoiii o i teleri con Storie dell’Iliade, distrutti ma noti attraverso le foto, eseguiti per Palazzo Zinelli a Rialto e trasferiti nel Castello di Moschen in Poloniaiv.

Oltre ai dipinti di Bassano, un confronto attendibile per il nostro disegno è costituito dalle due magnifiche tele che decorano la Sala dell’Archivio nella celebre Scuola dei Carmini a Campo Santa Margheritav. Molto attinente risulta la Rebecca al pozzo (confronto), in cui tornano perfettamente persino le fisionomie dei personaggi, come anche il gusto di Zompini di marcare i profili attraverso un chiaroscuro elegiaco che ne nasconde la metà facendo guadagnare alle figure in espressione. Il recupero operato da Levey del bozzetto preparatorio (nella collezione del duca di Bedford a Woburn Abbey) dell’Ester e Assuero, la seconda tela consegnata ai Carmini nel 1748vi, attesta quanto per Zompini, come già per Sebastiano Ricci, il momento dell’ideazione portasse a risultati talvolta superiori alle tele finite, che appaiono in definitiva meno spigliate e disinvolte. È quindi nei bozzetti e nei fogli come quello qui esposto che si esprime meglio la sua inventiva e le indubbie capacità di caratterizzazione. A prodotti di questo tipo sicuramente guardava Giuseppe Maria Pilo, quando mezzo secolo fa, mise in risalto, primo fra i moderni, “il suo sapore asprigno d’Arcadia paesana”vii.

i G. Bozzolato, Gaetano Zompini: incisore senza fortuna, ed. Padova 1978; S. Scarfi, L’attività pittorica di Gaetano Zompini, in “Venezia arti”, 8, 1994, pp. 77-84.

ii Le arti che vanno per via nella città di Venezia, Venezia 1753. Si veda anche Le arti per via: incisioni di Giuseppe Militelli e Gaetano Zompini, a cura di B. Premoli, catalogo della mostra, Roma 1977.

iii G. M. Pilo, I dipinti dello Zompini nel Palazzo Sturm a Bassano, in “Emporium, 69, 1963, pp. 51-55.

iv O. Battistella, Della vita e delle opere di Gaetano Gherardo Zompini, pittore e incisore nervesano del secolo XVIII, Bologna 1930, pp. 34-36.

v R. Pallucchini, in La pittura nel Veneto. Il Settecento, II, Milano 1996, pp. 112-114.

vi M. Levey, A sketch by Zompini for the Scuola dei Carmini, in “Arte veneta” 10, 1957, pp. 207-208.

vii Pilo, cit. 1963, p. 52.

 

 

Per maggiori referenze: Collezione privata, Firenze