Giovanni Domenico Tiepolo

(Venice, 1727 - Venice, 1804)

Archaengel Michael Releases the Souls of Purgatory

penna, pennello e inchiostro bruno su carta
445 x 303 mm (175.20 x 119.29 inches)

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Giovanni Domenico Tiepolo

(Venice, 1727 - Venice, 1804)

L'Arcangelo Michele Libera le Anime del Purgatorio

penna, pennello e inchiostro bruno su carta
445 x 303 mm (175.20 x 119.29 inches)

Rif: 0234

Provenienza: Collezione Morassi

 

Questo rapido ma eccezionale disegno si presenta come una pagina di appunti. In basso vi sono due teste di profilo: il ritratto di un uomo anziano, raffigurato come un senatore romano, e un vecchio con lineamenti e barba appena accennati e il capo coperto da un berretto frigio. Nella parte centrale e maggiore il foglio illustra un soggetto sacro non troppo consueto: san Michele Arcangelo che scende nel Purgatorio a liberare le anime redente.

L’iconografia di san Michele che sceglie e tira fuori le anime dalle fiamme della purificazione per condurle in paradiso non ha riscontro nei testi canonici, ma è legata alla consuetudine della liturgia: essendo l’Arcangelo delegato a valutare il peso delle anime e delle loro colpe al momento della dipartita dal corpo, a lui si rivolgono le preghiere per la salvezza dei cari defunti. Non è un caso se tale iconografia si sia sviluppata soprattutto dopo la controriforma, nella fase dunque in cui per la chiesa romana affermare il valore della pratica liturgica quotidiana era importante almeno quanto reiterare la narrazione evangelica. Sequenze come questa, pure non avendo origine testuale, erano codificate dalla preghiera dei fedeli e pertanto potevano dare spunto per importanti pale d’altare. Queste potevano essere legate alla memoria di un santo vicino alla devozione popolare e che quindi si proponeva come tramite per l’invocazione a san Michele o alla Vergine (pensiamo a san Gregorio nella pala di Sebastiano Ricci per la chiesa di Sant’Alessandro della Croce a Bergamo). Oppure più di rado il soggetto poteva essere trattato autonomamente, con l’Arcangelo Michele unico protagonista della scena (si veda ad esempio la famosa tela di Jacopo Vignali nel transetto della chiesa di San Gaetano a Firenze)[i].

Il disegno esposto è stato riferito da Bernard Aikema al ricco corpus grafico di Giandomenico Tiepolo. Lo storico inseriva il foglio tra le opere giovanili, nel periodo dunque immediatamente successivo al ritorno a Venezia da Würzburg e all’inizio dell’attività in proprio. Com’è noto solo raramente i disegni di Giandomenico trovano rispondenza in opere finite: si trattava in molti casi di esercitazioni condotte sui modelli dipinti dal padre che, in ragione della sopraggiunta fama europea di Giambattista e del valore artistico già riconosciuto alle qualità del figlio primogenito, erano apprezzate dai collezionisti come lavori autonomi e quindi tenute in gran pregio sul mercato[ii]. Del resto, negli anni dell’adolescenza, il ruolo di Giandomenico nella bottega paterna era stato proprio quello di copiare i fogli del padre per soddisfare le continue richieste di mercanti e amatori. Quando al giovane artista giunsero le prime importanti commissioni in proprio, dal ciclo di tele con le stazioni della Via Crucis per l’Oratorio del Crocifisso a San Polo a Venezia (1747) fino all’affresco del presbiterio della chiesa dei Santi Faustino e Giovita a Brescia (1754), la produzione di disegni destinati alla vendita e ricavati da motivi delle opere di Giambattista non diminuì affatto[iii]. D’altra parte Giandomenico stava costruendosi una grande reputazione proprio continuando a operare secondo lo stile che aveva maturato, nel suo lungo tirocinio, a contatto con l’opera paterna. In una lettera d’elogio del 1753 il principe vescovo di Würzburg, Johann Philipp von Schönborn, loda il talento di Giandomenico che a suo dire lo avrebbe portato a diventare un giorno “nella bella arte di pittura una vera copia dell’originale, cioè, del virtuoso Suo Signor Padre”[iv]. E ancora nel 1762, al momento della partenza per Madrid quando il pittore aveva ormai trentacinque anni, l’autore anonimo del Compendio lo ricordava solo come un “diligentissimo imitatore” della maniera di Giambattista[v]. L’adesione al modello, che era alla base anche dell’attività da incisore, costituiva dunque il segno distintivo dell’arte di Giandomenico: nel disegno esposto la figura dell’Arcangelo appare desunta da quella dell’affresco con l’Apparizione dell’angelo a Sara del Palazzo Arcivescovile di Udine[vi], anche se i lembi del mantello sollevati dal vento richiamano più da vicino le silhouette delle figure angeliche del soffitto affrescato con l’Incoronazione della Vergine in Santa Maria della Pietà a Venezia[vii], impresa questa che si colloca negli anni 1754-55 e che può dunque ragionevolmente costituire, per il disegno qui presentato, un termine cronologico pertinente – ricordiamo peraltro che Giandomenico fu impiegato dal padre nella realizzazione dell’affresco per tutta la durata del cantiere. La figura di profilo in basso a destra – l’uomo anziano ritratto come un senatore romano - è invece un calco fedele del volto raddoppiato delle due anime cui l’angelo sta mostrando lo scapolare, in una delle tele - quella a destra della maggiore con l’Apparizione della Vergine a san Simone Stock – del soffitto della Sala Capitolare alla Scuola dei Carmini, sempre a Venezia[viii]. Pure questa impresa di Giambattista, lontana ormai oltre un decennio, era stata certamente occasione di studio e approfondimento per Giandomenico, il quale aveva facile accesso alla Scuola per la posizione di autorità che il padre aveva raggiunto fra i confratelli e che dunque più volte si era trovato a copiare le scene dipinte sul soffitto. Meno riconoscibile, per l’indefinitezza del tratto, risulta invece la figura del vecchio con berretto.

In conclusione dunque il disegno esposto è la certificazione della fine di un tirocinio: il commosso omaggio da parte di un pittore ormai maturo al lungo periodo di apprendistato consumato al seguito di un formidabile genitore. Nonostante la consueta qualità nella narrazione, che lo rende un disegnatore più moderno e accostante di quanto non fosse Giambattista, Giandomenico non sembra tuttavia per nulla ansioso di svincolarsi dal magistero paterno, anzi. In un tempo che, superato il crinale della metà del secolo, volgeva a gran passi verso la razionalità illuminista, l’affermazione della magnificenza dell’ultimo grande maestro della scuola italiana assumeva già l’aspetto di una malinconica e retrospettiva elegia.

 

 

 

 

 

 

 



[i] La potenza del bene. San Michele arcangelo nella grande arte italiana, a cura di F. Pedrocco, catalogo della mostra (Mestre), Venezia 2008.

[ii] G. Knox, Giandomenico Tiepolo: disegni, in Giandomenico Tiepolo: maestria e gioco. Disegni dal mondo, a cura di A. M. Gealt e G. Knox, catalogo della mostra (Udine), Milano 1996, pp. 39-61.

[iii] A. Mariuz, Giandomenico Tiepolo, Venezia 1971, pp. 18-29, 36-42.

[iv] M. Precerutti Garberi, Asterischi sull’attività di Domenico Tiepolo a Würzburg, in “Commentari”, XI, 1960, pp. 267-283 (p. 269).

[v] Compendio delle vite de’ pittori veneziani istorici più rinomati del presente secolo con suoi ritratti, Venezia 1762.

[vi] A. Rizzi, Tiepolo ad Udine: gli affreschi del Palazzo Arcivescovile, in “Acropoli”, II, 1962, pp. 309-343 (p. 326).

[vii] M. Gemin, F. Pedrocco, Giambattista Tiepolo: i dipinti. L’opera completa, Venezia 1993, pp. 434-435.

[viii] E. Folin, La salvezza viene dal cielo: due tele di Giovan Battista Tiepolo e una lettura iconografica di alcune opere commissionate dai confratelli della Scuola Grande di Santa Maria del Carmelo a Venezia, in “Arte documento”, 31, 2015, pp. 110-123.

Per maggiori referenze: Collezione Morassi

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