Giulio Romano (allievo di) 1520 c.
Laocoonte tenta di salvare i figli dai serpenti marini
Penna, pennello e inchiostro bruno, rialzi in biacca
361 x 530 mm (14.21 x 20.87 inches)
- Codice di riferimento: 0119
- Provenienza: Collezione Dubini-Hoepli
- Prezzo: Sold, or no longer available
Laocoonte, sacerdote di Apollo, temendo che il cavallo di legno fosse uno stratagemma ordito dagli Achei per entrare nelle mura di Troia, si scaglia contro il congegno di Ulisse facendo risuonare il ventre cavo dell'animale con una lancia. Poseidone, favorevole alla parte greca, invia due serpenti marini che si avventano sui figli del veggente. Questi, nel tentativo di salvarli, viene anche lui stritolato nelle spire dei due mostri. Il prodigio risulta determinante agli occhi dei troiani affinchè il cavallo venga portato in città.
Il racconto della morte di Laocoonte è stato reso noto dai versi di Virgilio (Eneide, II, 40-56, 195-227); nella scena del disegno qui presentato, è descritto il momento culminante della vicenda: Laocoonte, armato di clava, sta per sferrare il colpo su uno dei serpenti che lo morde ad un braccio e gli blocca una caviglia; i due figli, inermi, si rivolgono verso il padre cercando aiuto; in alto a destra troviamo Apollo sulla quadriga che osserva la fine del suo adepto; dalla parte opposta Poseidone guarda verso il mare il compiersi del prodigio e due astanti si tirano indietro sgomenti. Ancora sulla sinistra, agonizzante a terra, vi è il toro che Laocoonte si accingeva a sacrificare per evitare che i suoi concittadini cadessero nell'inganno dei Danai.
Il foglio è una replica con varianti dell'affresco realizzato da Giulio Romano su una delle pareti lunghe della cosiddetta "sala di Troia" in Palazzo Ducale a Mantova. Questa faceva parte dell'appartamento destinato ad accogliere il nuovo duca Federico II Gonzaga, figlio di Francesco II e Isabella d'Este. La decorazione dei nuovi ambienti impegnò Giulio, l'artista più celebre della corte mantovana da quando nel 1524 era arrivato in città, e i suoi allievi, si ricordano Agostino da Como, Rinaldo Mantovano, Luca da Faenza e Anselmo de' Ganis, dal 1536 al 1540, anno della morte del duca Federico1. La sala di Troia, citata da Vasari già nella prima edizione delle Vite2, è uno dei capolavori dell'attività mantovana del pittore ed è l'unica stanza dell'appartamento ad essersi conservata nella sua magnificenza. Nel riquadro con la Morte di Laocoonte, il gruppo del sacerdote e dei figli viene privato di quella sintesi che, a partire dal ritrovamento della celebre scultura romana nel 1506, aveva costituito una scelta formale pressocchè obbligata da parte degli artisti. L'articolazione della scena in senso paratattico rispondeva ad una ragione descrittiva coerente peraltro con gli altri episodi illustrati sulle pareti della stanza.
Rispetto all'affresco (per il quale va detto che al caposcuola viene assegnata l'invenzione, ma il compimento è opera degli allievi), nel foglio qui presentato cambia l'ambientazione. Innanzitutto la sequenza è pi' raccolta, manca quasi del tutto il dettaglio delle mura di Troia e la figura di Laocoonte si colloca su uno sperone roccioso di cui nell'affresco non vi è traccia; inoltre il profilo del mare, anzichè percorrere trasversalmente la scena come avviene nel modello, è relegato in secondo piano al centro. Tali varianti, come anche il diverso panneggio dei manti sui cui poggiano a terra i figli, suggeriscono che questo disegno possa essere non una desunzione diretta dall'affresco, bensì da un modello terzo, forse un foglio proprio di Giulio Romano precedente all'esecuzione parietale, foglio di cui però, allo stato attuale degli studi, non abbiamo notizia. L'energia delle figure, nelle cui fisionomie manca quella componente correggesca che permeava l'indole formale dell'affresco, rimanda ad un'interpretazione densa di michelangiolismo del testo realizzato da Giulio. Ferma restando quindi la prossimità cronologica con l'originale, mi sembra attendibile una collocazione poco oltre la metà del secolo, quando in tutta l'Italia padana, dalla Ferrara di Bastianino alla Lombardia di Lomazzo, l'adesione alla poetica del genio fiorentino diventa un marchio della nuova temperie artistica. Il bellissimo foglio qui commentato è riferibile entro i confini della "Lombardia" in senso storico, ben diversi da quelli assai limitati della regione attualmente chiamata con questo nome, è dunque un documento importante di questo passaggio e come tale assume un valore autonomo rispetto all'originale da cui pure è tratto.
FEDERICO GIANNINI
Per maggiori referenze:
Collezione Dubini-Hoepli